Con quella robetta nera un po’ così…

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26 nov 2012

Orfani volontari di una monarchia, gli americani eleggono ogni quattro anni un sovrano pressoché assoluto e nel corso dei decenni hanno consacrato una nuova aristocrazia non di sangue, ma che trova le sue radici nel Mito.
Parte oggi, in questi miei giorni americani e con un post di repertorio, una nuova rubrica di edur.it: A² – American Aristocracy.

Se si vuole trattare dell’aristocrazia americana, non si può non scrivere di lei… dell’icona che rappresenta oggi, più di ieri, il sogno di tutte le donne. Un sogno piuttosto esoso da realizzare: somigliarle potrebbe costare seicentomila euro, cifra esorbitante, ma necessaria per possedere quel vestito, peraltro semplicissimo, senza ricami, non incrostato di diamanti firmato Givenchy, che racconta come la vera eleganza possa essere senza tempo. E soprattutto racconta come nessuna attrice sia diventata un’icona di stile e di classe quanto lei. Nessuna donna prima di lei, con una semplice petite robe noire, è entrata nella storia

Era il 1961 e Colazione da Tiffany segnò l’apoteosi di un sodalizio azzeccatissimo: quello fra Audrey Hepburn e Hubert de Givenchy, cominciato trionfalmente con Sabrina, nel 1954, quando lo stilista francese disegnò tutti gli abiti della protagonista “dopo la cura”, al ritorno cioè da Parigi, dove il brutto anatroccolo si trasforma in cigno: l’impacciata figlia di un autista si tramuta in folgorante icona dello chic.
All’improvviso sull’idea della seduzione e della bellezza femminile che era fino a quel momento affidato alle maggiorate e al loro fascino eccessivo, alle Marilyn Monroe e alle Jane Mansfield, piombò la meno carnale delle dive. Una magrezza sofisticata e piena di grazia upper-class la sua (terreno pericoloso questo… l’anoressia ora è in agguato), da adolescente vulnerabile, ma soprattutto una bellezza moderna, occhi da cerbiatta e sorriso che va dritto al cuore (cit.).
Più che ammirarla e basta, il pubblico si innamorò istantaneamente di lei: uomini e donne rimasero incantati dal suo portamento, dalla sua freschezza, dalla sua spontaneità e dal suo carisma. Audrey Hepburn annunciò una nuova era in cui le donne sarebbero state meno matronali, meno signore e più ragazze, portatrice di una femminilità in cui il vero lusso era l’opzione della semplicità: meno è meglio, come diceva una certa Mademoiselle.

Fra lei e il giovane couturier parigino fu intesa a prima vista. Lui la definirà “un regalo dal cielo», lei gli si affiderà totalmente, intuendo che il giovane ma già grande stilista non avrebbe nascosto la sua magrezza, camuffato la sua personalità, omologato la sua originalità, ma le avrebbe piuttosto esaltate. Erano d’accordo su tutto: via le spalline, i fiocchi, i bottoni dorati… via tutto, fino ad arrivare solo all’essenza…

Dobbiamo avere il coraggio, una volta per tutte, di uscire da certi stereotipi snob, machisti e ipocriti: certe persone segnano punti di rottura con il passato di eguale dignità rispetto all’operato di grandi artisti di un tempo. In questo caso moda ed eleganza assurgono al massimo grado di arte.

Audrey Hepburn era già imitatissima. Dopo Vacanze Romane migliaia di giovani donne avevano preso d’assalto i saloni dei parrucchieri pretendendo un taglio di capelli “come la principessa Anna”; decenni dopo succederà lo stesso, con un’altra principessa presa come modello, ma seppur davvero Regale, lontana mille miglia dalla classe, solo borghese, di Audrey.

Ho letto che l’eleganza con cui lei portava le ballerine era “il modo più sexy di scendere dai tacchi”. I suoi occhiali da sole oversize furono copiati per anni, e lo sono ancora: da Jacqueline Kennedy a Lady Gaga; in mezzo a loro poi ci sono altri mille archetipi di donne. Gli abiti lineari e i tubini, i little black dress appunto… con appena due pinces alla vita, divennero i modelli più ricercati del mondo. I pantaloni alla pescatora diventarono una divisa. Così la camicia bianca da uomo, le maniche tre quarti, i maglioni da marinaio, i trench di taglio maschile, e la cosiddetta “scollatura Sabrina”, disegnata per lasciare nude le spalle ma coprire le clavicole troppo ossute.

Molte spose vollero far stampare anche loro il menu del pranzo di nozze su un foulard di seta dai bordi decorati con motivi floreali, come fece lei, quando nel ’54, di fronte a soli venticinque invitati, si unì a Mel Ferrer in Svizzera.

Un mese dopo l’uscita di Vacanze Romane, la rivista Time le aveva già dedicato la copertina, individuando sostanzialmente la formula del suo successo: “Audrey Hepburn non si adatta a nessuno stereotipo e nessuno stereotipo si adatta a lei”. Poi arrivarono a valanga tutte le altre copertine, in particolar modo quelle di Vogue, a celebrare urbi et orbi “l’Audrey style”. Già nel ’57, quattro anni prima di Colazione da Tiffany dunque, la Hepburn fu inclusa nella lista delle dieci donne più eleganti del mondo, da allora non uscì mai più da quella classifica.
Una donna dall’immenso talento ma di un fisico opposto al suo, Maria Callas, decise di trasformare se stessa, arrivando quasi a dimezzare il suo peso con una draconiana dieta dimagrante, dopo aver visto Vacanze Romane ed essere rimasta incantata dalla protagonista, una cui foto con dedica portava sempre con sé come memento di classe, stile, charme e magrezza.

Certamente la Hepburn sarebbe diventata un’icona dello stile anche senza l’haute couture del marchese de Givenchy. Possedeva una cosa difficile da comprare : la classe innata. Al suo fianco Marilyn Monroe, che pure passava per la donna più desiderata del mondo, arrivò a dire di sentirsi “un ippopotamo vestito di stracci”.
Una magrezza, quella di Audrey Hepburn, che la leggenda fa risalire agli stenti patiti, da bambina e poi da adolescente, nell’Olanda occupata dai nazisti. Quando studiava danza a Londra e sognava di diventare una ballerina del Covent Garden era alta un metro e settanta e pesava quaranta chili.
Secondo il figlio Sean, il segreto della madre fu non seguire mai la moda, in lei nulla era studiato; eppure, così facendo, Audrey dettò moda per decenni, e ancora adesso lo fa.

Givenchy loderà sempre la sua disponibilità, il suo non fare mai capricci né grane, il perfezionismo, la puntualità. Lei si sentiva confortata e protetta dal suo rigore: “ho bisogno di Givenchy come certe donne americane dello psicoanalista”. Uno riverberava gloria sull’altra, e ben presto il sarto francese cominciò a vestire donne straordinariamente in vista: dalla Kennedy alla duchessa di Windsor, da Grace di Monaco e tante altre.
Givenchy dedicò alla sua musa un profumo a base di rosa bianca, violetta, gelsomino e pepe, composto per lei e soltanto per lei: proibito produrlo e venderlo ad altre signore, anche se poi, richiestissimo, verrà messo in commercio con il nome di Interdit, proibito appunto. Di proibito in Audrey Hepburn non c’è mai stato nulla, la meno trasgressiva e la più spiritosa forse delle grandi dive, diceva, ormai cinquantenne: “Sono troppo magra per spogliarmi!”. Era chic ed elegante sia che la immortalasse Avedon, il suo fotografo personale, o che la sorprendessero i paparazzi; in famiglia o sullo schermo; vestita da Cecil Beaton con i costumi edoardiani di My fair lady o in semplici jeans, che portava come nessun altro… o in pantaloni di lino, nell’ultima parte della sua vita, quando, Ambasciatrice di Buona Volontà, operava per l’Unicef nel Sud del mondo.

Dalla sua primissima interpretazione come hostess di volo nel remoto 1948, fino alla sua ultima comparsa nelle vesti di un angelo nel 1989 diretta da Spielberg, ha sempre scintillato come paradigma di un’eleganza che le scorreva da dentro.

“Non ce ne sarà mai più un’altra così. Audrey non si può duplicare”, decretò Billy Wilder, il regista di Sabrina, e come al solito Billy ha avuto ragione…

8 Commenti a Con quella robetta nera un po’ così…

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Watkin

7 agosto 2009 - 00:30

Che splendore di post ^^
Ci voleva, come buonanotte… tnx

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EduR

7 agosto 2009 - 00:45

Mercì… :)

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commodus

7 agosto 2009 - 18:43

Davvero complimenti, è un post meraviglioso! E bello anche per il restyling. Ti leggo spesso, ma non avevo mai commentato, questa volta era necessario :) )

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EduR

9 agosto 2009 - 10:34

Oddio!! Ora sono sicuro che per i prossimi post mi verrà l’ansia da prestazione! :)

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Jimmuzzu

2 ottobre 2009 - 10:15

Oh..! Questo post me l’ero perso.. che meraviglia *_____*

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black hattitude

17 ottobre 2009 - 05:58

Hello,

thanks for the great quality of your blog, each time i come here, i’m amazed.

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Chagall

26 novembre 2012 - 12:27

Era davvero la bellezza fatta persona.
Bel post.

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Esprit du Roi

5 dicembre 2012 - 14:53

@Chagall: grazie :)

Fermatevi...

...e datemi un solo minuto.

Certo deluderò qualsiasi vostra aspettativa, però vi racconterò anche di Principi e di Re, di Regine nei loro castelli e di moderne Principesse... vecchie favole e nuove storie, antichi splendori e sogni realizzati.

Tutto questo è Esprit du Roi, il nuovo royal blog italiano.

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